Dio è la mia sorgente: mi ama e mi fa capace di amare
Insieme: Vieni, Spirito Santo, dentro di me, nel mio cuore e nella mia volontà. Accordami la Tua intelligenza, perché la parola del Vangelo illumini la mia coscienza e riscaldi il mio cuore. Donami il Tuo amore, perché oggi, esortato dalla Tua parola, ti cerchi nei fatti e nelle persone che ho incontrato. Donami la Tua sapienza, perché io sappia rivivere e motivare, alla luce della Parola, quello che oggi ho vissuto. Donami la perseveranza, perché io con pazienza penetri il messaggio di Dio nel Vangelo e lo metta in pratica. Amen
Lettore: Dio, infinitamente perfetto e beato in se stesso, per un disegno di pura bontà, ha liberamente creato l'uomo per renderlo partecipe della sua vita beata. Per questo, in ogni tempo e in ogni luogo, egli è vicino all'uomo. Lo chiama e lo aiuta a cercarlo, a conoscerlo, e ad amarlo con tutte le forze. Convoca tutti gli uomini, che il peccato ha disperso, nell'unità della sua famiglia, la Chiesa. Lo fa per mezzo del Figlio suo, che nella pienezza dei tempi ha mandato come Redentore e Salvatore. In lui e mediante lui, Dio chiama gli uomini a diventare, nello Spirito Santo, suoi figli adottivi e perciò eredi della sua vita beata.( CCC 1)
Dio, il quale «vuole che tutti gli uomini si salvino e arrivino alla conoscenza della verità» (1 Tm 2,4), «dopo avere a più riprese e in più modi parlato un tempo ai padri per mezzo dei profeti» (Eb 1,1), quando venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, Verbo fatto carne, unto dallo Spirito Santo, ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti, « medico di carne e di spirito », mediatore tra Dio e gli uomini. Infatti la sua umanità, nell'unità della persona del Verbo, fu strumento della nostra salvezza. Per questo motivo in Cristo « avvenne la nostra perfetta riconciliazione con Dio ormai placato e ci fu data la pienezza del culto divino». Quest'opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio, che ha il suo preludio nelle mirabili gesta divine operate nel popolo dell'Antico Testamento, è stata compiuta da Cristo Signore principalmente per mezzo del mistero pasquale della sua beata passione, risurrezione da morte e gloriosa ascensione, mistero col quale « morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha restaurato la vita». Infatti dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa (Sacrosanctum concilium, 5)
Dalla 1^ Lettera di S. Giovanni (4, 7-10) Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è stato generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi
avessimo la vita per mezzo di lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Lettore: La manifestazione dell'amore non è un semplice fare, ma una rivelazione di Dio. Dio è Amore, Dio è Carità, Dio è Dono. Tutto ciò che è amore, carità e dono trova in Dio la sua sorgente. Non siamo noi che amiamo spontaneamente, ma è Dio che ama e ama per primo, accogliendoci nella sua dinamica dell'amare. Perciò nel "non siamo noi, ma è Dio" non c'è solamente un parallelismo, noi e Lui, ma un rapporto di origine, di causa. Il suo amore precede e suscita ogni altro amore. La traduzione latina tradizionale (Vulgata), usata nella Chiesa occidentale per molti secoli, ha voluto giustamente, sottolineare questa anteriorità dell'amore di Dio, aggiungendo nel cuore del nostro versetto "per primo", che era implicito nel testo greco originale. Cosa vuol dire "per primo"? Non è solo una questione cronologica: Dio è prima di noi, per cui ci ha amati prima, ma noi rispondendo col nostro amore rispondiamo adeguatamente a questo suo amore. Non è neppure unicamente sottolineata l'iniziativa divina, a cui corrisponderebbe l'adesione umana. "Per primo" vuol dire "in un modo che è al di fuori, oltre, ogni altro modo di amare. Primo vuol dire un modo nuovo, un modo unico, così come il Primogenito è anche l'Unigenito, non solo uno dei suoi tanti figli, ma la sorgente del nostro essere tutti figli". Nello stesso modo il suo "amare per primo" è sorgente di ogni altro amore, è un amore nuovo, unico che non può esistere all'infuori di Lui. Giovanni nella sua prima lettera lo dice: "in questo si è manifestato l'amore di Dio", nell'invio del suo unico Figlio. Ma questa missione del Figlio ci fa penetrare a fondo il mistero di Dio. (P. Cesare Falletti O. Cist.)
Lettore: Dio, quindi, ha amato in modo assolutamente nuovo, ineffabile, irripetibile. Questo amore è diventato atto comcreto, si è manifestato, perché l'amore "Agapè" vive manifestandosi, in una direzione concreta, in cui c'è un amante, un amato e un gesto d'amore. Per questo il soggetto dell'amore non è l'amato, non è colui che risponde ma colui che ha l'iniziativa, il primo che manifesta in cosa consiste l'amore. E l'amore non è misurato dal bisogno dell'amato o da quanto egli sia capace di ricevere, ma dalla gratuita iniziativa di chi ama per primo, che manifesta in cosa consiste l'amore, è che genera una risposta d'amore, o per lo meno lancia la sfida e attende che essa sia raccolta. Colui che ama, ama gratuitamente, ma amando e generando amore, attende una risposta che sia manifestazione che l'amore generato è vivo. San Giovanni afferma con tono stupito, meravigliato, come con un inno di trionfo: "In questo l'amore si è manifestato", cioè è vero amore, perché Dio ha mandato il suo Figlio.
É un amore concreto, efficace, "Perché noi avessimo la vita per lui" (1 Gv 4,9), ma nel ripetersi avanza con una spirale crescente: l'ha mandato "Come vittima di espiazione dei nostri peccati". Questo ci fa comprendere quanto è infinito l'amore di Dio. Il peccato è un'offesa fatta a lui, un rifiuto del suo amore, della sua paternità, del suo voler essere "Il nostro Dio". L'amore non pensa a se stesso e all'offesa ricevuta; è ferito dal male che fa a se stesso colui che lo rifiuta. Per questo Dio-amante si fa vittima del peccato della creatura amata per poterla guarire dal morbo segreto che la uccide. La morte è privazione della vita e il peccato è separazione dall'unica sorgente della vita. Il Signore della vita vuole donarla; si avvicina all'uomo per toccarlo con il suo dito vivificante per renderlo davvero vivente. (P. Cesare Falletti O. Cist.)
Lettore: Dio ha dunque manifestato il suo amore mandando il suo Figlio come vittima per l'espiazione del fatto che non l'abbiamo voluto come Dio. Questo è l'amore. Il Padre ha dato colui che amava di più, il suo Figlio Unigenito, "non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,22): ha dato il Giusto per gli ingiusti. Questa è la manifestazione dell'amore e non ve né di più grande. Non sono lunghi discorsi sull'amore, su cosa vuol dire amare, quando e quanto valga la pena di amare o a cosa serva, ma si afferma un fatto, un gesto, una carità concreta che manifesta l'amore più di tanti lunghi discorsi. "Ha dato", e fra le righe sembra di poter leggere: solo lui può amare così, solo lui che è l'amore. Dio è uno e unico in tutto, soprattutto nell'amore e nell'amare. Tutta la teologia di Giovanni gira intorno a questa unicità dell'amore divino. Dio ha dato e ha dato totalmente, senza mai riprendere. La sua fedeltà si manifesta nel non riprendersi il dono del suo figlio, nonostante tutte le reazioni possibili degli uomini. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito"
(G.V. 3,16) e l'ha dato in modo definitivo, irrevocabile, un dono senza riserve e in maniera perfetta.(cfr Gv 13,1)
Ma l'unicità di questo amore non significa monopolio. Se l'amore umano, anche il più alto e il più bello, rimane di natura differente dall'amore divino, Dio può comunicare all'uomo qualcosa del suo amore e del suo amare. I cristiani sono chiamati dal vecchio Giovanni: gli amati. Non è solo, infatti, un modo epistolare di dire "Carissimi!" è una definizione del cristiano stesso a cui l'apostolo si rivolge: amati, non da me, ma da Dio. (P. Cesare Falletti O. Cist.)
Lettore: Se siete tanto amati, non potete far altro che amare, portati dallo stesso movimento che fa scendere l'Unigenito in mezzo agli uomini. Amandovi Dio vi comunica la sua capacità di amare, la natura del suo amore. L'amore con cui il cristiano ama non è suo, ma egli si trova come trascinato dal tornado di amore da cui è amato. Se contemplo l'amore divino sono trasportato quasi irresistibilmente ad amare nello stesso modo. "se Dio ci ha amato (così), anche noi dobbiamo amarci (così) gli uni gli altri" (1 Gv 4,11): non c'è soluzione di continuità, ma la conseguenza appare evidente. Se il torrente, il fiume d'acqua viva dell'amore si riversa su di noi, è necessario che ci facciamo trasportare in questa novità di vita. Il "Dobbiamo" prima di essere un imperativo morale è una conseguenza logica. "Così avviene a meno che opponiamo la nostra resistenza alla corrente che ci investe". Nella traduzione della Bibbia che usiamo in Italia si salta la parola "così", ma mi sembra che è proprio la contemplazione del modo di amare di Dio che provoca nel cristiano un movimento d'amore per i fratelli. L'amore di Dio è così meraviglioso che non possiamo fare a meno di provare ad amare anche noi per ottenere nella nostra vita una tale bellezza! (P. Cesare Falletti O. Cist.)
Insieme: Tu solo sei veramente il Signore: il tuo dominio su di noi è la nostra salvezza e il servire a te significa per noi essere da te salvati. E qual è la tua salvezza, o Signore, al quale appartiene la salvezza e la benedizione sul tuo popolo, se non ottenere da te di amarti ed essere da te amati? Perciò, Signore, hai voluto che il figlio della tua destra fosse chiamato Gesù, infatti è lui che «salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1, 21) e «in nessun altro c'è salvezza» (cfr. At 4, 12). Egli ci ha insegnato ad amarlo, quando per primo ci ha amati fino alla morte di croce, incitandoci con l'amore e la predilezione ad amare lui, che per primo ci ha amati sino alla fine. Proprio così: ci hai amati per primo, perché noi ti amassimo; non che tu avessi bisogno del nostro amore, ma perché noi non potevamo essere ciò per cui ci hai creati se non amandoti. Il tuo parlare per mezzo del Figlio altro non fu che manifestare chiaramente quanto e come ci hai amati, tu che non hai risparmiato il tuo Figlio, ma lo hai dato per tutti noi, comeegli pure «ci ha amati e ha dato se stesso per noi» (Rm 8, 32). Questa è la tua parola per noi, Signore, questo il tuo Verbo onnipotente, che mentre un profondo silenzio, cioè un'aberrazione profonda, avvolgeva tutte le cose, dal trono regale si lanciò, dolce fautore dell'amore. E quanto egli operò, quanto disse sulla terra, altro non fu che incitamento e stimolo del tuo amore al nostro amore per te. Tu sapevi infatti, o Dio creatore delle anime, che quest'amore non poteva essere imposto alle anime dei figli degli uomini, ma bisognava semplicemente stimolarlo. E sapevi pure che dove c'è costrizione, non c'è più libertà; e dove non c'è libertà, non c'è nemmeno giustizia. Hai voluto dunque che ti amassimo noi che non potevamo nemmeno essere salvati con giustizia, se non ti avessimo amato, né potevamo amarti, se non ne avessimo avuto il dono da te. Veramente, Signore, come dice l'Apostolo del tuo amore e noi stessi abbiamo già detto, tu per primo ci hai amati e per primo tu ami tutti coloro che ti amano. Ma noi ti amiamo con l'affetto d'amore che tu ci hai infuso. Il tuo amore invece è la tua stessa bontà, o sommamente buono e sommo bene; è lo Spirito Santo che procede dal Padre e dal Figlio; colui che dall'inizio della creazione aleggia sulle acque, ossia sulle menti fluttuanti dei figli degli uomini, donandosi a tutti, tutto a sé attirando, ispirando, favorendo, allontanando ciò che è nocivo, provvedendo ciò che è utile, unendo Dio a noi e noi a Dio. (Dal trattato «La contemplazione di Dio» di Guglielmo, abate di Saint-Thierry)